ARCI CACCIA della Provincia di Firenze esprime la propria contrarietà alle modalità di gestione della caccia al cinghiale perpetuata da anni dall’ATC 4 Firenze nord – Prato e che attualmente hanno, nuovamente, mostrato i gravi limiti di efficienza.
La problematica deve essere affrontata con metodi democratici e rispettosi dei regolamenti e della dignità delle persone e nel rispetto delle situazioni consolidate se positive. Non è possibile arrivare, a pochi giorni dall’apertura della caccia al cinghiale, con gravi incertezze di gestione amministrativa e con squadre ancora non ben collocate. ATC 4 gestita da sempre a maggioranza dalla solita Associazione Venatoria e dove l’unico rappresentante dell’ARCI CACCIA è stato finora completamente snobbato. Ci auspichiamo che il nostro nuovo rappresentante goda di maggior considerazione e rispetto. Come ci auspichiamo anche che si ricerchi il dialogo democratico e costruttivo con le altre Associazioni Venatorie presenti ed operanti sul territorio per raggiungere il fine comune di una buona gestione della caccia e dell’ambiente. Siamo molto preoccupati per le conseguenze che tale gestione potrebbe ingenerare sui danni all’agricoltura. Ribadiamo nuovamente che la forma della braccata, se effettuata correttamente, è il metodo migliore per contenere la specie cinghiale. Riconfermiamo che solo con squadre di caccia al cinghiale ben strutturate ed organizzate e con un adeguato numero di soci cacciatori è possibile una reale gestione del territorio assegnato. Squadre efficienti con la pronta gestione dei problemi ed efficaci nella soluzione. Pertanto ci auspichiamo che, invece di diminuire, il numero minimo dei partecipanti alle battute debba essere aumentato per favorire le fusioni fra squadre ed ottenere così l’obiettivo gestionale prefisso ed auspicato. Diciamo nuovamente che, una volta per tutte, l’ATC 4 debba verificare la necessità inderogabile della revisione delle dimensioni e confini dei distretti, dei criteri di assegnazione delle squadre a questi nonché dei regolamenti gestionali. Tutto questo con un democratico necessario confronto fra i cacciatori, fra le Associazioni Venatorie e fra questi soggetti ed il mondo agricolo. I danni all’agricoltura dovranno essere ridotti moltissimo fino ad un minimo sopportabile. La creazione di colture agricole a perdere unite a ripristini ambientali potrebbero essere uno dei metodi per far allontanare i cinghiali dai centri abitati e dalle colture agricole. Non è possibile continuare a parlare in modo eccessivo solo degli stagnanti problemi della caccia al cinghiale snobbando la valorizzazione delle altre forme di caccia e soprattutto quelle della piccola selvaggina stanziale che ha bisogno di seri progetti di salvaguardia ambientale e creazione di adeguati habitat prima della sua reintroduzione sul territorio. Proporre, sviluppare e concretizzare progetti nelle Zone di Ripopolamento e Cattura per la piccola selvaggina stanziale. Ribadiamo la nostra contrarietà al pessimo ed umiliante metodo per i cacciatori di introduzione della selvaggina “pronta caccia” pochi giorni prima dell’apertura della caccia alla “stanziale”. La caccia dovrà rimanere popolare e sociale e dovrà sempre vedere i cacciatori come primario gestore.