Durante l’incontro svoltosi nei giorni scorsi tra il Direttivo Provinciale di Arci Caccia e i rappresentanti dell’ATC 11, l’associazione ha presentato una serie di proposte, suggerimenti ed indicazioni al Presidente e ai rappresentanti delle commissioni
Per quanto riguarda la selvaggina stanziale, Arci Caccia accoglie con sollievo la notizia della prosecuzione dei progetti lepre e fagiano, anche se molto ridimensionati nei numeri. Ci rammarichiamo, però, della decisione del comitato di gestione che sposta, le responsabilità legali e sanitarie nella gestione degli allevamenti, dall’ATC ai singoli allevatori. Ribadiamo che dovranno essere resi ben consapevoli delle possibili conseguenze, per non creare situazioni spiacevoli e non distruggere del tutto il patrimonio di volontariato che si è costruito attraverso i progetti. Progetti che, lo ribadiamo, per noi hanno sempre rappresentato il fiore all’occhiello dell’azione dell’ATC. Accogliamo positivamente la notizia di una maggiore attenzione verso le strutture di ambientamento e produzione, speriamo che nel novero siano comprese le ZRC. La nostra associazione si rende disponibile a collaborare a tutti i progetti di “gestione vera” che saranno proposti dall’ATC, ed anzi, suggeriamo ai membri del comitato di studiare forme di incentivazione del volontariato che diano soddisfazione ai tanti cacciatori che tanto fanno per la caccia. Altre associazioni, potranno riporre la loro fiducia nel pronta caccia, ma per noi, questo è solo un modo per tamponare l’emergenza. Emergenza che non potrà durare che fino alla messa a regime di migliori soluzioni, che i tecnici a disposizione dell’ATC siamo certi sapranno proporci, ma che a nostro avviso non potranno sfuggire ad un potenziamento delle strutture di produzione ed ambientamento, soprattutto quelle poste nei divieti di caccia deputati a produzione e irradiamento della selvaggina.
Riguardo alla gestione della selvaggina ungulata, rileviamo che dopo 20 anni di gestione nella caccia di selezione agli ungulati e dopo l’approvazione del Regolamento Regionale che ha deliberato il superamento dei vari Regolamenti Prov/li, l’ATC 11 ha l’occasione di fare una revisione totale del proprio regolamento, uniformandosi, sia a quanto previsto dalla Regione (es. uso delle armi nella caccia di selezione, prove di tiro…) e nello stesso tempo di semplificare una serie di procedure prevista dalla nostra regolamentazione.
Comunque, se questo è l’orientamento del Comitato di Gestione, l’Associazione non può che essere daccordo.
In particolare proponiamo alcune osservazioni:
1) Si faccia il possibile per uniformarsi alle procedure e alle modalità previste in altri ATC della Toscana per la Gestione e per lo svolgimento della caccia di selezione;
2) Valutare la possibilità di effettuare i censimenti agli ungulati (capriolo, daino e muflone) in modo periodico, e cioè ogni due o tre anni, visto che una serie di dati li rileviamo dalle comunicazioni che fanno i cacciatori nello svolgimento dell’attività di caccia di selezione;
3) Per la specificità del nostro territorio censito, che è in larga maggioranza terreno boscato, riteniamo inutili i censimenti a vista, dato che questi hanno la loro validità in territori aperti e non in terreni boscati;
4) Riteniano sbagliato il fatto che si modifichino le modalità di giustificazione delle assenze ai censimenti, prevedendo che queste si possano effettuare solo con certificazione medica. Infatti, la vigente regolamentazione prevedeva che queste potessero essere fatte anche per motivi di lavoro e/o personali.
Piuttosto riteniamo che sarebbe opportuno rendere più vincolante, per tutte le assenze giustificate, il recupero tramite prestazioni d’opera che l’ATC deve programmare. Tra l’altro, riteniamo che ci sia veramente bisogno di avere presenze non episodiche per una serie di attività (es. Tabellazione, sistemazione dei recinti di ambientamento, progetto lepre, ecc…).
5) Uniformare il più possibile le regole per lo svolgimento della caccia di selezione al Cervo fra area vocata e area non vocata, in particolar modo sui censimenti e sulle quote a carico del cacciatore per l’abbattimento del cervo.
Se è pur vero che il progetto Cervo si deve autofinanziare, e fermo restando le norme
differenti fra le due aree sulla quota di accesso, pensiamo che le due gestioni debbano concorrere in modo uniforme all’obbiettivo previsto dell’autofinanziamento nella gestione del progetto cervo.
Infatti, nelle due aree, l’impegno dell’ATC è uguale, sia nelle gestioni tecnico-amministrative che nell’uso e il mantenimento dei centri di controllo e non trova giustificazione il fatto che i costi si scarichino solo sui cacciatori che praticano quest’attività nell’area vocata.
Appare evidente che nel breve periodo si possono creare squilibri che danneggerebbero la gestione nel suo insieme.
6) Rivedere le quote per gli abbattimenti, riducendo il costo per i maschi adulti e subadulti il cui abbattimento, sempre più spesso viene rifiutato dai cacciatori per gli alti costi. Stessa cosa anche per i piccoli, alfine di incentivarne gli abbattimenti che negli ultimi anni sono stati esigui rispetto al piano. Sempre più cacciatori evitano di fare questi capi, situazione che vale in particolar modo per il cervo adulto.
Se poi lo stesso capo lo possono abbattere a costi nettamente inferiori nell’area non vocata il problema rischia di essere sempre più presente.
7) Annullare l’obbligo di conservare e sbiancare i crani delle femmine, anche perché, dopo 20 anni di gestione, una serie di dati sulla popolazione del cervo già esistono e questi si possono rilevare, se opportuno, anche a periodi alterni (es. ogni 2/3 anni), mantenendo comunque le procedure esistenti per le teste dei maschi, oltre che per la ricerca anche per l’organizzazione di eventuali mostre dei trofei.
Infine, un’unica osservazione sul regolamento del cinghiale: chiediamo di abolire la norma che prevede l’invio, da parte delle squadre, della foto del registro giornaliero prima dell’inizio della battuta.