In merito alla dialettica attorno al bracconaggio il Presidente Nazionale, Sergio Sorrentino ha dichiarato
“In questi giorni il Corriere della Sera, e non solo lui, torna a parlare di Bracconieri.
Per noi la questione, oggi, è superare il solo parlarne e affrontare con serietà e severità necessaria il problema. Noi non abbiamo dubbi: siamo dalla parte del fare qui, senza confonderci e cercare alibi nelle vicende di altri Paesi.
La prima questione per fare chiarezza è eliminare dalla discussione l’approccio disonesto e manipolatore di quanti, nell’animalismo di comodo, pregano affinché il bracconaggio non sia debellato, perché a loro serve per criminalizzare la caccia, quella italiana che è per Costituzione disciplinata quale attività ambientale. Questo animalismo si alimenta e cerca fortune nel bracconaggio.
Queste posizioni hanno l’altra faccia della medaglia nella beatificazione di inconcludenti tavoli di ispirazione politichese, dove ci si siede, per poi tornare ad incontrarsi e poi trovarsi di nuovo. Agli italiani ricordano più i banchetti inconcludenti che luoghi dove si lavora per risolvere i problemi.
Ci sono troppo spesso, nel mondo venatorio, operazioni di immagine per parlare a sé stessi, per scusarsi e giustificarsi con i cittadini che, incuranti dei riti, continuano, non solo nelle città ma anche nelle campagne, a non percepire bene il confine tra caccia e bracconaggio, perché una parte delle Associazioni Venatorie con codardia non mette la faccia e le bandiere nella lotta ai bracconieri. E’ un rito, questa comunicazione di “escusatio”, dove bene che va, le responsabilità si scaricano sulle leggi, sugli altri.
Noi non abbiamo nulla di cui scusarci o farci perdonare. E’ da tempi non sospetti che l’ARCI Caccia, con tanto di bandiere alte è scesa in Calabria con la Lipu di Mario Pastore, grande ambientalista scevro da pregiudiziali ideologiche, per dare il proprio apporto operativo contro il bracconaggio e a tutela dei Falchi. Quel bracconaggio, un tempo assai più aggressivo e sponsorizzato dalla criminalità organizzata locale. Stessa cosa in Campania, laddove coraggiose guardie volontarie dell’Arcicaccia, con orgoglio, hanno messo le loro persone fisiche in campo in efficaci e risolutive azioni per colpire il bracconaggio nelle Isole del golfo, con riconoscimento del loro impegno anche fuori dai confini nazionali.
Non è più tempo di “tavoli” dove qualcuno cerca anche prebende. Contrastare il bracconaggio è lotta dura. In alcune realtà, il confine tra bracconaggio e criminalità è assai labile.
Sconfiggere i bracconieri è parte della problematica più ampia della sicurezza delle campagne, del presidio capillare e costante di questi territori. Non servono “corpi” o “poteri speciali”. Occorre disinquinare il problema da ragionamenti settari per dare forza e sostegno all’azione dei Carabinieri Forestali mettendo al loro servizio, dopo una riforma che ha indebolito la Polizia Provinciale, le polizie locali, i Guardiaparco, le Guardie delle Aziende Faunistiche e le Guardie Volontarie di tutte le Associazioni: ambientaliste, venatorie, ittiche e zoofile. Un piccolo esercito di volontariato sociale che deve essere formato e governato dai Carabinieri. Con questo spirito abbiamo sottoscritto la Convenzione con l’Arma dei Carabinieri. Il Governo, il Parlamento intervengano per consentire il corretto ed efficace impiego dei volontari.
Già gli ATC e i CA pagano spesso per la vigilanza delle guardie provinciali. Responsabilizziamo anche questi Enti gestori della fauna selvatica, diamo loro il giusto ruolo di cui, troppo spesso, il mondo venatorio ha paura e li relega alla compravendita di fagiani perché teme il definitivo offuscamento di Associazioni che non se la sentono di assolvere a quel ruolo di tutela del paesaggio e della fauna selvatica che il legislatore affida loro quali componenti della compagine sociale degli ATC e CA al fianco degli agricoltori che sui loro territori subiscono atti delinquenziali.
Non solo emblematiche, episodiche, presenze con campi e quant’altro; vanno bene ma non bastano. Più presidi, più controllo permanente. Più la comunità sente che la fauna selvatica è una sua proprietà, più i bracconieri saranno messi in fuga.
Come si era tentato nel passato con il Corpo Forestale, i Carabinieri convochino i soggetti interessati al “fare” contro i bracconieri, si costruisca un Dipartimento Investigativo Anti-bracconaggio e si usino le competenze che, alla teoria talvolta a gettone, sostituiscono le competenze di coloro che sono nelle campagne. Le risorse si usino a risultati raggiunti e non siano argomento di comodo per non fare nulla.
Leggiamo che la situazione, rispetto a 30 anni fa, è migliorata, sono diminuiti i bracconieri. Bene, vuol dire che non se ne vanno sempre i migliori, ma non ci basta.