Con una dichiarata ed evidente insoddisfazione generale,
anche la stagione venatoria 2017/2018 è terminata
Con una dichiarata ed evidente insoddisfazione generale, anche la stagione venatoria 2017/2018 è terminata. Si mormora che la categoria dei cacciatori sia permanentemente insoddisfatta, ma non è assolutamente vero, anzi il contrario, in quanto dimostra di avere un alto spirito di sopportazione. Sopportazione verso l’incompetenza che regna sovrana negli organismi istituiti appositamente per garantire una gestione oculata del territorio agro-silvo-pastorale. Le leggi vigenti sono chiare e danno precisa responsabilità di gestione ad Istituzioni che avrebbero l’onere e l’obbligo di rispettarle.
Le Zone di Ripopolamento e Cattura, divieti assoluti di caccia, a causa della loro inconcludente gestione, non svolgono più il compito per il quale sono state instaurate. Anziché, come dovrebbero, produrre piccola selvaggina stanziale in forma naturale, sono diventate ricettacoli di specie nocive (Cinghiali, Volpi, Corvidi). Così dicasi per le Zone di rispetto Venatorio, oramai sostituite da piccoli appezzamenti di terreno con allestite piccole voliere, simili a pollai, gestite da singoli operatori, ai quali vengono affidati alcuni soggetti di fauna “selvatica”, principalmente fagianotti di pochi mesi, provenienti da allevamenti privati, al fine poi di collocarli nel territorio libero adiacente, per accontentare gli amici degli amici. Il tutto a spese delle ATC. Spese che di fatto sono prelevate dal capitale versato come tassa di iscrizione annuale dai cacciatori.
Cosa dire in merito alla gestione delle Aziende Faunistico Venatorie, oramai fuori da ogni controllo? La funzione per la quale sono istituite, dovrebbe essere prima di tutto la conservazione e il ripristino ambientale, oltre ai piani di immissione della fauna, per la quale sono state autorizzate (da effettuare in periodi precisi fuori dai tempi inerenti l’esercizio venatorio). I controlli dovrebbero riguardare i piani di prelievo in quanto è obbligo che venga prelevato solo il 50 per cento dei capi immessi, al fine di dare la possibilità a parte di essi di irradiarsi nel territorio libero circostante. E’opinione diffusa, invece, che molte AFV effettuino le immissioni di selvaggina durante il periodo dell’esercizio venatorio, come normalmente avviene nelle Aziende Agrituristico Venatorie, non solo, risulta che molte di esse gestiscano appostamenti fissi alla fauna migratoria dati in concessione, malgrado non si siano rispettati i piani di immissione e prelievo.
Oramai non si parla più di ripristini ambientali per le specie migratorie cacciabili, ma viene licenziato il ripopolamento della piccola selvaggina stanziale con scarse immissioni, effettuate per di più sul territorio libero e a pochi giorni dall’apertura generale della caccia. Oltretutto con fagianotti di appena due mesi, abituati ad una alimentazione forzata da parte degli allevatori, che di fatto diventano facile preda di specie nocive. Soldi buttati al vento, ma cosa importa? La gestione del territorio riguardante la caccia, ormai è particolarmente concentrata sugli ungulati, Cinghiale in primis, il quale attraverso la, denominata in maniera ridicola, caccia di selezione si può cacciare per l’intero anno. Ultimamente le ATC nel cui territorio sono collocate alcune zone protette (Parchi, Oasi, Riserve Naturali), hanno indetto corsi per l’abilitazione ad abbattimento e cattura di circa 120 Cinghiali. Presenze rilevate attraverso specifici censimenti da parte delle organizzazioni che gestiscono quelle zone e precisamente 86 unità nel Parco Naturale Regionale di Monte Penna, 19 unità nella Riserva Naturale della Diaccia Botrona e 15 unità nell’Oasi WWF di Orbetello. In proposito ci viene naturale chiedersi come mai queste Organizzazioni, alle quali è stata affidata la protezione e la gestione dei territori interessati da svariati anni, con cospicui interventi economici di denaro pubblico, si siano accorti solo adesso della presenza di questi ungulati. Ai corsi, svoltisi in varie località della Provincia, hanno partecipato un numero consistente di cacciatori, malgrado la presenza modesta di Cinghiali. Quello adottato è un sistema che all’apparenza può essere ingenuamente considerato democratico, in quanto i corsi sono stati aperti a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta. Illudersi non costa niente, ma l’esperienza ci insegna, e di questo ne siamo pienamente convinti, che a partecipare alle battute per l’abbattimento o la cattura di questi cinghiali saranno sempre gli amici degli amici. Categoria della quale siamo sicuri che gli iscritti alla nostra Associazione non fanno parte.
Giuliano Masetti
ARCI CACCIA GROSSETO